SISTEMAZIONE DELLA CRIPTA DEI MARTIRI TURRITANI

1700 anni dal martirio

Presentazione di Giancarlo Zichi

 

RELIQUIE

L'uso di conservare e venerare le reliquie - caratteristico della religione cattolica - nacque con le origini del cristianesimo e derivò dal culto dei martiri, 'portatori di Cristo', come li definiva Tertulliano nel De Pudicitia (PL, II, 979-1030. 22) e quindi intercessori presso Dio. Anche nella nostra Chiesa turritana ben presto si diffuse la devozione per le reliquie dei potomartiri Gavino, Proto e Gianuario. Tralasciando i tratti leggendari che accompagnano il primo rinvenimento dei loro corpi, attribuito al giudice Comita, le antiche tradizioni hanno indicato la sommità del Monte Agello come il luogo dove erano stati sepolti "i corpi santi" dei martiri.

Anche se Turris venne man mano decadendo al punto che alla fine del secolo XIII vescovo e capitolo si erano trasferiti dall'antica sede diocesana alla villa di Thathari, orami divenuto un grosso centro, tuttavia alcuni arcivescovi di Torres sia con poemi sia con alcuni canoni sinodali promossero iniziative volte a riportare all'antico splendore le feste dei martiri turritani e a valorizzare la loro basilica.

L’arcivescovo Pietro Spano (1422-1448) stabilì in un sinodo che tutti i beneficiati e ordinati in sacris dell'arcidiocesi si recassero a Porto Torres per venerare i martiri nelle due feste del 25 ottobre e 4 maggio e per partecipare ai relativi sinodi; il suo immediato successore, Antonio Cano (1448-1476), compose in dialetto logudorese un poemetto sui Martiri turritani. Un secolo dopo l'arcivescovo Salvatore Alepus (1524-1566) determinò che "venisse rimessa in vigore l'antica consuetudine che obbligava i vescovi suffraganei della provincia ecclesiastica turritana ad intervenire alle feste di S. Gavino... e a partecipare al sinodo, come erano soliti fare nel passato".

Dobbiamo giungere all'inizio del secolo XVII per parlare della "scoperta dei corpi santi", quando cioè le due città di Cagliari e di Sassari si contesero il primato delle rispettive Chiese cattedrali. Per garantire alla propria sede il maggior numero di martiri, all'interno delle chiese più importanti delle due diocesi vennero praticati scavi alla ricerca di reliquie de "los cuerpos santos". I lavori di scavo all'interno della basilica di S. Gavino vennero iniziati a metà giugno del 1614 per ordine dell'arci-vescovo Gavino Manca de Cedrelles. Sotto la basilica si rinvenne un'area cimiteriale, in cui a giudizio dell'arcivescovo e dei due gesuiti che in qualità di "esperti" seguivano i lavori, si trovaro-no anche le reliquie dei tre martiri turritani. Di tali scavi esiste nel nostro archivio storico la registrazione fatta giorno per giorno, quasi una sorta di giornale degli scavi.

Nel frattempo l'arcivescovo Cedrelles ordinò che le reliquie rinvenute, il 24 giugno 1614, festa della natività di S. Giovanni Battista, venissero portate "in pubblica processione nella città di Sassari, dove si conservino colla decenza e sicurezza che si conviene sino a tanto che in questa (Basilica di S. Gavino) si fabbrichi una cappella sicura e forte, magnifica e conveniente", e perché questa fosse "sa pius suntuosa hat poder", si facessero venire due artisti da Genova. I lavori andarono a rilento e il tutto fu completato solo verso il 1620.

Intervennero altre difficoltà e inconvenienti come il decesso del Cedrelles nel luglio del 1620, la vacanza delle sede arcivescovile sino al 1622, giacché mons. Antonio Canopolo morì prima di poter prendere possesso della cattedra sassarese. Sarà Giacomo Passamar, arcivescovo designato di Sassari a disporre la solenne traslazione dei corpi dei martiri alla Basilica di Torres tra il 2 e 3 maggio 1622.

La fervida sollecitudine da parte degli arcivescovi di Sassari e del capitolo turritano per tener in buon stato l'insigne Basilica di S. Gavino, antica cattedrale della diocesi, e il loro acceso zelo per tramandare nei secoli il culto delle venerabili reliquie dei martiri Gavino, Proto e Gianuario è stato pressoché costante anche nei secoli successivi.

In particolare nel secolo XIX è utile ricordare la ricognizione delle reliquie da parte dell'arcivescovo Alessandro Domenico Varesini eseguita nel 1848 e l'intervento voluto da mons. Diego Marongio Delrio, che prevedeva la chiusura del sarcofago centrale, senza mutare la sistemazione delle reliquie dei patroni e di quelle degli altri martiri e santi rinvenute negli scavi dei Seicento, mediante una lastra in marmo, fatta eseguire nel 1884 su progetto dell'allora sindaco di Sassari Simone Manca. Essa presenta uno mappa della suddivisione interna del sarcofago; vi si osservano figurazioni rettangolari e circolari in diversi colori. In particolare quelle circolari sono costituite da tre corone di rami frondosi dedicate ai santi martiri Gavino, Proto e Gianuario, posizionate al centro della lastra, indicandone così la posizione delle urne contenenti le loro reliquie.

Avvicinandoci ai nostri tempi, si ricorda la ricognizione delle reliquie fatta nel 1947 da mons. Arcangelo Mazzetti, il quale, a conclusione del congresso eucaristico regionale il 17 maggio 1948, lunedì di Pentecoste, inaugurò insieme a tutti gli altri vescovi intervenuti, la nuova disposizione delle reliquie dei martiri. Essa prevedeva la rimozione delle reliquie dei tre martiri patroni e la loro conservazione in urne di cristallo con la sistemazione dell'urna di S. Gavino sul sarcofago centrale, quella di S. Proto su sarcofago di sinistra per chi entra nella cripta e le reliquie di S. Gianuario sul quello di destra. Su ciascuna urna veniva posizionata un'altra lastra murata in modo che nella parte anteriore dei sarcofagi fossero visibili in parte le ossa dei martiri. Questo progetto, però, sconvolgeva totalmente quello iniziato dall'arcivescovo Cedrelles e completato poi nel 1622, da parte dell'arcivescovo Diego Passamar, che era stato rispettato in tutti gli interventi avvenuti sino a quel momento.

Anche l'arcivescovo mons. Salvatore Isgrò ha manifestato sempre particolare attenzione e sensibilità per questa Basilica scegliendo di celebrarvi i primi vespri della solennità del Corpo e Sangue del Signore del 1982, e venerando le insigni reliquie prima di fare il suo solenne ingresso a Sassari.

Negli Statuti del capitolo turritano, approvati da mons. Isgrò nel 1988, non solo venne stabilito che i canonici debbano intervenire, secondo costituzioni antichissime, nella basilica il 4 maggio, festa della dedicazione e il 25 ottobre, solennità dei Mariti turritani, ma tramite questi ordinamenti lo stesso arcivescovo affidava al capitolo la tutela dei Beni culturali della diocesi, sia archeologici che artistici e documentari, con la collaborazione della commissione diocesana d'Arte Sacra e dell'Archivio storico diocesano.

Da tempo il presule si era preoccupato dello stato di degrado della cripta e della necessità di interventi urgenti di cui il tempio aveva bisogno. In particolare, per quanto riguarda lo stato di conservazione delle reliquie, la parziale ricognizione fatta nel 1991, a conclusione del sinodo dioce-sano, alla presenza dell'arcivescovo e di alcuni membri del capitolo turritano, dal compianto prof. Giovanni Tedde, aveva fatto constatare un preoccupante stato di sfaldamento delle stesse. Bisognava intervenire urgentemente ed in maniera risolutiva.

I lavori di restauro andarono per le lunghe tra intoppi burocratici e problemi vari. La ricorrenza dei 1700 anni del martirio ha sollecitato tutti a porre fine ai lavori.

Finalmente, eseguite accuratamente le indispensabili opere di restauro sulle lastre dei tre sarcofagi, il 24 ottobre, vigilia della solennità dei patroni della arcidiocesi e dell'intera provincia turritana, le venerate reliquie sono state collocate nel luogo originario. Esse, tolte dalle tre urne di cristallo, ormai in pessimo stato a causa dell'umidità, sono state ricomposte con cura e devozione, da parte della professoressa Sandra Piras e dei dottori Pasquale Bandiera e Grazia Fenu, in altrettante urne in rovere, rivestite all'interno da acciaio inossidabile. La stessa polvere delle reliquie, formatasi nei decenni a partire dalla sistemazione del 1948, è stata raccolta in appositi vasi e collocata all'interno delle rispettive urne, opera pregevole di due bravi artigiani di Orani, Gianuario e Antonio Nivola. Si tratta di un manufatto ad intaglio con disegni caratteristici dell'artigianato sardo, di palme e colombe, simboli classici della iconografia cristiana. Su ogni urna è riportato il nome del santo, lo stemma della diocesi turritana, quello dell'arcivescovo con la denominazione e relativo titolo, e la data del 25 ottobre 2003, XVII centenario del martirio dei santi patroni.

L’evento si è svolto alla presenza del vicario, mons. Salvatore Ferrandu. dei canonici Francesco Soddu e Giancarlo Zichi, del cancelliere don Antonio Tamponi, del canonico parroco Antonio Giuseppe Manconi e del viceparroco don Nicola Carta. Anche un piccolo gruppo di fedeli ha partecipato al singolare momento svoltosi a Porto Torres nella cappella delle Angeline, dove le reliquie rimasero custodite provvisoriamente durante i lavori di restauro della cripta. La breve liturgia della Parola che è seguita, iniziata con appropriate espressioni da parte del vicario, si è svolta in maniera semplice con profonda devozione e commozione.

Le urne, trasportate dai sacerdoti nella cripta, dopo la lettura del vangelo del giorno della solennità dei martiri e dopo aver pregato per la Chiesa diocesana e in particolare per mons. arcivescovo, furono collocate all'interno del sarcofago nel luogo scelto da secoli.

Infine, il giorno 25, solennità dei martiri turritani, con la partecipazione devota e attenta di numerosissimi fedeli, si è svolta la concelebrazione eucaristica presieduta dall'arcivescovo mons. Salvatore Isgrò insieme ai capitolari e alcuni sacerdoti diocesani, animata egregiamente dal coro turritano. Il presule durante l'omelia, esaltando il martirio dei nostri patroni, ha ricordato che con la celebrazione dell'Eucaristia e con l'attuale sistemazione delle loro insigne reliquie si dava inizio alle celebrazioni dei 1700 anni del martirio dei santi Gavino, Proto e Gianuario.

Terminata l'Eucaristia, i concelebranti si recarono nelle cripta per venerarne le reliquie, accompagnati da numerosi fedeli.

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